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Quanto vale un Compagno di Squadra? Responsabilità e Leadership

Quanto vale un compagno di squadra? Per dare risposta a questa domanda e calcolare l’effettivo valore, è necessario distinguere, e successivamente ricongiungere, valore numerico e valore emotivo.

Nel calcio, per calcolare il mero valore numerico di un compagno di squadra, basta ricorrere alla temuta situazione da cartellino rosso e all’analisi sui dati dei maggiori campionati europei proposta in Tutti i numeri del Calcio.
Analizzando le ultime stagioni de La Liga, Premier League e Serie A giocare con l’uomo in meno, riduce di un terzo l’aspettativa media di punti a partita (da 1,5 a 1).
Giocare in dieci contro undici è di fatto il miglior viatico per la sconfitta.
Le probabilità di perdere salgono dal 24 al 38 per cento, mentre quelle di vincere scendono dal 36 al 22 per cento.

Risulta evidente quanto e quale sia il contributo di un compagno di squadra, e quanto grande sia la differenza tra averlo e non averlo.
Il compagno di squadra nel linguaggio sociale è metafora primordiale de L’Altro.
L’Altro è colui che – in seconda istanza – ci consente di associarci e di organizzarci in un sistema più complesso, in una dimensione che supera la sfera del privato, nella quale ci riconosciamo per unità d’intenti e di valori, nella massima espressione di identità collettiva.
Identità che – negli sport di squadra – si manifesta nei colori della maglia indossata.


Il tutto è maggiore della somma delle parti, diceva Aristotele.
Un sistema complesso, organizzato e unito risultata più efficente ed efficace anche a cospetto di un maggior numero di individui.

“Convinsi Gullit e Van Basten spiegandogli che cinque giocatori organizzati possono batterne dieci disorganizzati. E glielo dimostrai.
Presi Galli, Tassotti, Maldini, Costacurta e Baresi e nell’altra squadra misi altri dieci giocatori: Gullit, Van Basten, Rijkaard, Virdis, Evani, Ancelotti, Colombo, Donadoni, Lantignotti e Mannari. Avevano quindici minuti per segnare contro i cinque, e l’unica regola era che quando perdevano palla dovevano ricominciare l’azione da centrocampo. Lo facemmo tante di quelle volte che ho perso il conto. Tuttavia ricordo con chiarezza una cosa: non segnarono mai.”

Arrigo Sacchi (AC Milan – Head Coach)

L’efficienza del sottosistema squadra è maggiore della somma delle efficienze degli elementi che ne fa parte.
Sulla stessa linea d’onda è Antonio Conte che commenta così le parole di Fabregas su Hazard.

I numeri ci dicono che perdere un giocare è la strada migliore verso la sconfitta, ma un giocatore lo si può perdere per innumerevoli ragioni:
un cartellino rosso, un infortunio, un errore o uno stato emotivo / emozionale negativo.
Queste ultime due tipologie di perdita sono quelle più latenti, più difficili da individuare e – conseguentemente – da affrontare.
Tuttavia, in ambito sportivo e sociale, questa tipologia di perdita è la più frequente. Da questa difficoltà emerge ancora una volta la responsabilità collettiva nell’individuare situazioni conflittuali nelle quali si rivelerà naturalmente l’arte di manifestare la propria leadership.

http://www.francescofarioli.com/wp-content/uploads/2017/04/LeBron-James-Bumps-Kyrie-Irving-Pistons-vs-Cavs-March-14-2017-NBA-Regular-Season.mp4

L’influsso della nostra presenza e del nostro agire sugli stati cerebrali delle persone che ci circodano è incessante, attraverso le nostre azioni siamo direttamente responsabili dei cambiamenti emotivi delle persone con le quali interagiamo. L’esempio più banale è una proiezione cinematrografica o un evento sportivo, momenti in cui un’intera folla prova simultaneamente la stessa emozione, capace di diffondersi tra la gente simultaneamente poichè il nostro cervello è un organo sociale, munito di alcuni circuiti specifici come il sistema dei neuroni specchio. La relazione e la connessione interpersonale è immediata, automatica, istintiva e assolutamente inconscia, cioè indipendente dal nostro sistema di controllo.
Sarà per questo che Lebron James ha preferito recuperare prima il suo compagno di squadra, e poi una palla che sembrava persa.
L’empatia è un atto di autoconsapevolezza!

FRANCESCO FARIOLI
Senior Goalkeeper Coach 
Qatar National Team 
Aspire Academy 

29 Aprile 2017/da admin
Tags: Compagno, Leader, Leadership, Lebron, NBA, Quanto, Squadra
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The wonder of the Learning Process. “Wonder, in The wonder of the Learning Process.

“Wonder, innate in the child, is an inner desire to learn that awaits reality in order to be awakened. Wonder is at the origin of reality-based consciousness, thus of learning. The scope of wonder, which occurs at a metaphysical level, is greater than that of curiosity. Unfortunate misinterpretations of neuroscience have led to false brain-based ideas in the field of education, all of these based on the scientifically wrong assumption that children's learning depends on an enriched environment. These beliefs have re-enforced the Behaviorist Approach to education and to parenting and have contributed to deadening our children's sense of wonder. We suggest wonder as the center of all motivation and action in the child. Wonder is what makes life genuinely personal. Beauty is what triggers wonder. Wonder attunes to beauty through sensitivity and is unfolded by secure attachment. When wonder, beauty, sensitivity and secure attachment are present, learning is meaningful. On the contrary, when there is no volitional dimension involved (no wonder), no end or meaning (no beauty) and no trusting predisposition (secure attachment), the rigid and limiting mechanical process of so-called learning through mere repetition become a deadening and alienating routine. This could be described as training, not as learning, because it does not contemplate the human being as a whole.”

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